Nati all’alba dell’era digitale, nel nostro lavoro c’è un elemento ricorrente: la luce. Registriamo la luce con videocamere e fotocamere, elaboriamo la luce lavorando alla post-produzione sulle nostre workstation, consegniamo i nostri lavori attraverso la fibra ottica che, nuovamente, usa la luce e infine i nostri lavori vengono distribuiti su una moltitudine di monitor, emettendo luce. L’idea di partenza non poteva che essere quindi un prisma.
Inoltre sappiamo bene che il video e la fotografia non sono mezzi neutri, non sono registratori passivi della realtà ma la distorcono (nel bene o nel male) dando significato, raccontando la realtà da un punto di vista. Il prisma diventa quindi una distorsione della realtà, una sfumatura che circonda il soggetto (in questo caso il nostro logo).
Preferiamo un linguaggio pulito, ordinato e preciso, togliendo tutto senza levare nulla; cercando di mantenere l'essenza delle cose, trovando sintonia con il minimalismo. Il nostro logo cerca quindi di essere lineare, con pochi tratti grafici essenziali.
Infine, dei possibili arrangiamenti del segno "meno" e del segno "zero" (che formano appunto “Minimal Zero”) abbiamo scelto quello che ricorda un omino stilizzato. Perché l'umano è sempre al centro del nostro racconto: siamo antropocentrici.
Questo è Minimal Zero.